LAVORO | Periodo di prova nei contratti a termine: le regole per il calcolo della durata

Il Collegato Lavoro, all’art. 13, ha integrato l’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104, dando più puntuale attuazione, sul punto, alla direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea, in base alla quale gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che la durata del periodo di prova nel rapporto di lavoro a tempo determinato sia proporzionata alla durata del contratto.
La previgente disciplina infatti prevedeva che “nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego. In caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova”.
Secondo il Collegato Lavoro, fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”.
N.B. La norma trova applicazione per i contratti di lavoro instaurati a far data dal 12 gennaio 2025.
Viene previsto, inoltre, un limite minimo per la prova pari a due giorni di effettiva prestazione e dei limiti massimi, differenziati, per i rapporti a termine di durata non superiore a sei mesi e per quelli compresi fra i sei e i dodici mesi, pari rispettivamente a quindici e trenta giorni di lavoro effettivo.
Esempi di calcolo
a) Contratto a termine di durata pari a 20 giorni: periodo di prova 2 giorni
b) Contratto a termine di durata pari a 6 mesi: 12 giorni (max 15 giorni)
c) Contratto a termine di durata pari a 12 mesi: 24 giorni (max 30 giorni)
d) Contratto a termine di durata pari a 24 mesi: 48 giorni (max 60 giorni)

Derogabilità della contrattazione collettiva
I limiti massimi non possono essere derogati neppure dalla contrattazione collettiva (art. 51 del
D.Lgs. n. 81/2015): l’autonomia contrattuale non può introdurre una disciplina peggiorativa rispetto a quella legale. Nel caso di contratti di lavoro a termine di durata superiore a dodici mesi, fatte salve le più favorevoli previsioni della contrattazione collettiva, il periodo di prova sarà calcolato moltiplicando un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario, anche oltre datore di lavoro.
Il legislatore, nell’ammettere eventuali previsioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi, non individua esplicitamente il livello della contrattazione richiesto: il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nella circolare n. 6 del 2025, ritiene si debba fare riferimento al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro.
In tal senso è preferibile l’interpretazione che accorda una maggiore tutela al lavoratore, prevedendo una minore estensione del periodo di prova, a causa della precarietà che lo stesso comporta per il lavoratore.

Gestione del periodo di prova
L'assunzione del prestatore di lavoro subordinata al superamento di un periodo di prova deve risultare da atto scritto. L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova.
Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza l'obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
N.B. Il periodo di prova può essere terminato anticipatamente solo con un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro.
La Corte di Cassazione ha affermato che non è possibile prorogare il patto di prova concordato al momento dell’assunzione. Ciò in quanto il patto di prova costituisce un elemento accidentale del contratto di lavoro, che non può produrre effetto se non è espressamente previsti dalle parti in tale documento. Un accordo di proroga sarebbe firmato in un momento successivo all’instaurazione del rapporto di lavoro e, quindi, resterebbe per definizione fuori dal contratto inziale, non avendo alcuna efficacia in relazione alla durata del periodo di prova.
Il recesso durante il periodo di prova è considerato illegittimo:
- in caso di mancata attribuzione concreta delle mansioni che il lavoratore doveva svolgere durante il periodo di prova;
- se in prova sono state svolte mansioni diverse da quelle indicate nel contratto di assunzione;
- se il recesso è stato intimato troppo presto rispetto alla scadenza del periodo di prova.

Fonte: IPSOA - Quotidiano Lavoro

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