EXPORT | Bitti: premiare le aziende che esportano. Il nostro agroalimentare può crescere

«Per reggere la concorrenza nei mercati esteri, occorre investire in qualità, innovazione e promozione. Fare export non è affatto scontato e chi lo fa va avanti con grandi sacrifici. Per tante ragioni: non soltanto perché sfidano le leggi della logistica e dell’economia, confrontandosi tutti i giorni con una politica e una rete dei trasporti in Sardegna che si è completamente dimenticata della continuità territoriale delle merci». Così il presidente Bitti in apertura dell'incontro promosso stamattina a Nuoro dalla Camera di commercio sul tema dell'export nei mercati tedeschi, con un focus sul settore dell'agroalimentare. 

«Le nostre aziende non lavorano né a Milano, né a Olbia o Cagliari ma lavorano a Bitti, a Lanusei, a Fonni, a Oliena, a Dorgali, a Nuoro. Detto questo, sono talmente bravi che nonostante i deficit logistici e strutturali del territorio, esportano i loro prodotti in Germania, in Europa e spesso anche al di fuori dei mercati europei. E in questo modo contribuiscono in modo significativo a far conoscere la Sardegna, le specialità e i nostri prodotti tipici in tutto il mondo».

«C’è poi un altro dato importante in questo ragionamento: l’80 per cento dell’export della Sardegna è dominato dai prodotti petroliferi. Non c’è il pecorino, non c’è il pane carasau, non ci sono i nostri salumi e prosciutti, non ci sono i nostri dolci. I dati del primo trimestre del 2019 danno segnali incoraggianti per l’export del nostro agroalimentare, l’unico settore che nella prima parte di quest’anno ha registrato esportazioni in aumento. Dopo tre anni di calo e un 2018 ancora più negativo, c’è stata un’inversione di rotta. Da gennaio a marzo 2019, le esportazioni sono aumentate del 4,2 rispetto all’anno scorso, pari a un volume d’affari in più di 1 milione di euro».

«Questi però sono solo deboli segnali. Servono azioni e misure strutturali per sostenere l’export delle nostre aziende, anche in forma aggregata. Occorre fare molto di più su questo fronte. L’internazionalizzazione ha bisogno di aziende strutturate, e capaci di fare rete per meglio posizionarsi nei mercati. Da questo punto di vista l’agroalimentare dei nostri territori, con le tante specialità di cui siamo ricchi, ha enormi potenzialità e margini di crescita».

 

 

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