Bornioli: ci serve un'economia integrata e l'industria è un settore strategico per il rilancio

«Per far ripartire le zone interne occorre puntare su un'economia integrata in cui tutti i settori produttivi possano dare un contributo. E in questo quadro non è possibile rinunciare all'industria, settore strategico per la crescita». Lo sottolinea il presidente Bornioli in una nota. «Nelle province di Nuoro e Ogliastra resiste un tessuto produttivo per certi versi sorprendente».

«Questi i numeri del settore nelle province di Nuoro e Ogliastra - ha sottolineato Bornioli -: Nonostante la crisi infatti, nel 2014 il settore industria si è posizionato al secondo posto per numero di imprese registrate al Registro imprese (6.010) dopo quello agricolo (8.194), avanzando di misura sul commercio e superando con 15.100 addetti sia i 9.600 occupati dell’agricoltura, sia quelli del commercio e del turismo che assieme valgono 17.600 unità. Con 537 milioni di euro l’industria ha contribuito nel 2013 per il 16,8% al valore aggiunto provinciale rispetto al 6,9% dell’agricoltura, mentre tutto il terziario vale il 76,3%. Inoltre dal settore industriale, manifatturiero ed estrattivo deriva il 100% dell’export nuorese con 100,1 milioni di euro (fonte: Istituto Tagliacarne su dati Infocamere, Istat)».

«Come ben documentato in numerose pubblicazioni - ha continuato il presidente della nostra Associazione - il processo di industrializzazione è stato determinante per la modernizzazione della Sardegna e ha consentito – grazie anche a una classe politica lungimirante – di creare sviluppo e occupazione portando a una profonda trasformazione dell’economia e della società. Ancora oggi, in Sardegna, l’industria rappresenta una fetta importante dell’economia e anche nelle province di Nuoro e Ogliastra resiste un tessuto produttivo per certi versi sorprendente».

«È bene tenere presente - spiega Bornioli - che cosa siano oggi l’industria e il settore manifatturiero nella Sardegna centrale. Non c’è soltanto il polo della chimica e dell’energia a Ottana – da salvaguardare nonostante la crisi. Ci sono realtà come Antica Fornace Villa di Chiesa e Corstyrene, ma anche le miniere di talco e feldspato a Orani e Ottana, le tante imprese del manifatturiero a Pratosardo, il distretto del marmo di Orosei, la centrale idroelettrica del Taloro, la Sarflex e la cementeria a Siniscola, Saipem e il polo metalmeccanico e il polo nautico a Tortolì, le tante aziende agroalimentari attive un po’ ovunque nel territorio con un polo importante tra Tossilo e Bortigali. Ma ancora le industrie culturali, tra cui quelle grafiche, informatiche e le case editrici. A ciò si aggiungono le imprese di costruzioni presenti in tutti i nostri paesi. Nel complesso sebbene pesantemente ridimensionato dalla deindustrializzazione e dalla crisi, il settore industriale resta strategico per l’economia provinciale, ciò nonostante le difficoltà degli ultimi anni legate in gran parte ai forti svantaggi competitivi e alla spietata concorrenza del mercato globale».

«Ci si interroga su quale sia il modello di sviluppo su cui puntare per uscire dalla crisi, su quali settori produttivi occorra investire. Rispetto alle posizioni di chi propone oggi di puntare su un modello di sviluppo incentrato sulla ruralità noi ribadiamo la strada di un’economia integrata, che oltre all’industria veda protagonisti anche l’agricoltura, il commercio e il turismo, e che valorizzi nuovi settori produttivi come l’ambiente e la cultura, asset peculiari delle nostre zone interne con grandi potenzialità rimaste però finora inespresse. Auspichiamo fortemente che l’agricoltura possa raddoppiare il suo peso nell’economia sarda, ma nonostante ciò non possiamo pensare di crescere puntando tutto su un unico comparto, quello primario, che a oggi produce a livello regionale appena il 3 per cento del PIL in una regione che è costretta a importare l’80 per cento della carne, della frutta e della verdura. Per invertire la tendenza e far sì che le nostre zone interne possano crescere occorrono infrastrutture, il taglio delle tasse e la fiscalità di vantaggio, la disponibilità del metano, oltre a una spendita efficace dei fondi comunitari con progetti di sviluppo mirati ai nostri territori».

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